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domenica 10 settembre 2017

I labirinti del cuore, tra Palazzo Venezia e Castel Sant'Angelo si celebra l'amore rinascimentale

Ruota attorno al ritratto di Giorgione raffigurante “I due amici” la mostra “I labirinti del cuore” esposta tra Palazzo Venezia e Castel Sant'Angelo.
Il pittore di Castelfranco può infatti essere considerato il primo artista a rappresentare sulla tela gli stati d'animo e i sentimenti d'amore di cui ne è chiara prova il Doppio ritratto esposto a Palazzo Venezia; mentre in passato si prestava particolare attenzione alla rappresentazione dello status sociale degli effigiati i Due amici di Giorgione hanno vesti piuttosto sobrie ma ci mostrano il loro mondo ed il loro animo.
Il protagonista, in particolare, ha un'espressione melanconica, non è solo lo sguardo a parlarci del sentimento d'amore che sta provando ma anche l'arancia amara che tiene in mano, all'epoca definita melangolo.
In una sala di Palazzo Venezia un grandissimo schermo ci offrirà la possibilità di cogliere i dettagli delle opere del maestro.



La mostra prosegue a Castel Sant'Angelo dove dipinti di altri artisti italiani del tempo, da Tintoretto a Licinio a Bronzino, rivelano l'attenzione riservata ai “labirinti del cuore”.






Nelle tele esposte noteremo un susseguirsi di mani che si sfiorano, sguardi che si incrociano e braccia che si uniscono per rappresentare tutte le forme dell'amore, da quello passionale a quello familiare.



L'ultima sezione della mostra è invece dedicata all'assenza della persona amata, a darne chiara prova è il dipinto di Licinio raffigurante una dama che tiene in mano il ritratto del marito.









La mostra sarà aperta fino al 17 settembre.

                                                                                                           Anna Carla Angileri

martedì 1 agosto 2017

Palazzo delle Esposizioni: le star di Hollywood giungono a Roma

Il Palazzo delle Esposizioni con la mostra "Hollywood icons" celebra le star degli “anni d’oro” di Hollywood; visitando le sale scopriremo i volti che hanno reso grande il cinema dagli anni ’20 ai ’60.
I 161 ritratti esposti, prevalentemente in bianco e nero, provengono dalla Fondazione John Kobal.
Kobal, scrittore e giornalista, appassionato e storico del cinema, dopo la chiusura degli studi di Hollywood iniziò a collezionare le fotografie delle più grandi stelle del cinema che fino a quel momento erano conservate negli archivi.
 Il collezionista, dopo aver raccolto i negativi originali e dopo aver ricostruito le carriere dei maestri della fotografia cinematografica, rintracciò gli autori ancora vivi chiedendo loro di produrre nuove stampe. La sua collezione, composta da oltre 22 mila negativi e 4 mila stampe, dopo la sua morte divenne di proprietà della Fondazione.




Nelle sale del Palazzo delle Esposizioni troveremo quindi le foto di Charlie Chaplin, protagonista delle prime pellicole mute, poi quelle dei divi dei primi film sonori tra cui gli affascinanti Cary Grant e Clark Gable, e i ritratti dei più famosi attori del dopoguerra quali Marlon Brando, Paul Newman e Marilyn Monroe.


Ad ammaliare gli spettatori saranno anche gli scatti degli attori nostrani che ritraggono Sophia Loren e Marcello Mastroianni; la celebre coppia cinematografica protagonista di capolavori quali “Ieri, oggi, domani”.

Fotografie inedite e poco conosciute accanto a quelle celebri che immortalano l’algida Grace Kally, la deliziosa Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, la sensuale Bette Devis e la conturbante Rita Hayworth nelle vesti di Gilda, rivelano la maestria dei fotografi che, con i loro scatti dietro le quinte, riuscirono a fissare in un’immagine la personalità degli attori, contribuendo così a rendere immortale la fama delle star hollywoodiane.




La mostra, aperta al pubblico il 24 giugno, potrà essere visitata fino al 17 settembre.

                                                                                                         Anna Carla Angileri

giovedì 13 luglio 2017

Da Caravaggio a Bernini, in mostra le opere delle Collezioni Reali di Spagna



“Da Caravaggio a Bernini Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni Reali di Spagna”
, la grande mostra aperta a Roma alle Scuderie del Quirinale, intende celebrare attraverso una straordinaria selezione di dipinti e sculture gli strettissimi legami che unirono la corte spagnola e gli stati italiani nel corso del XVII secolo.

Molti furono i dipinti che i governanti italiani donarono per guadagnarsi il favore dei sovrani di Spagna così come molte altre opere vennero commissionate direttamente dalla corte spagnola e dai rappresentanti della monarchia in Italia, alla morte dei quali le opere accrebbero la collezioni reali.

L'apprezzamento dell'arte italiana da parte degli spagnoli è testimoniata sia dagli inviti a lavorare a corte rivolti a pittori come Luca Giordano, attivo in Spagna per un decennio, che dai numerosi viaggi in Italia di molti artisti iberici, come Josè de Ribera che, giunto a Roma nel 1606, trascorse gran parte della sua vita a Napoli; in questo modo le due culture si influenzarono considerevolmente.
Caravaggio


Nelle sale delle Scuderie del Quirinale potremo quindi ammirare splendidi dipinti di artisti italiani tra cui “Lot e le sue figlie” di Guercino o “La conversione di Saulo” di Guido Reni donate dal principe Ludovisi a Filippo IV allo scopo di garantire la protezione spagnola sul minuscolo Stato di Piombino, la “Salomè con la testa di Battista” di Caravaggio comprata dai rappresentanti della monarchia spagnola in Italia e la “Santa Caterina” di Guido Reni opera che testimonia la perfetta fusione dell'idealismo e del naturalismo caravaggesco.

Tra le opere di pittori spagnoli spicca “La tunica di Giuseppe” imponente tela di Velazquez realizzata dopo il suo primo soggiorno italiano, il dipinto infatti rivela una certa vicinanza allo stile di Caravaggio e della scuola bolognese.

Velazquez


Tra le opere scultoree presenti in mostra troveremo capolavori di Algardi e di Bernini tra cui un modellino della Fontana dei Fiumi e un Crocifisso, proveniente dal monastero di San Lorenzo dell'Escorial, raramente accessibile al pubblico.

Quando il Museo Reale, oggi Museo del Prado, voluto da Ferdinando VII e dalla moglie Isabella di Braganza, venne inaugurato, ospitava esclusivamente le opere provenienti dalla collezione reale,alcune rimasero presso la residenza a disposizione dei monarchi, i cosiddetti Reales Sitios.

La mostra aperta dal 14 aprile potrà essere visitata fino al 30 luglio.

                                                                                                           Anna Carla Angileri

venerdì 12 maggio 2017

Auguri Botero! A Roma si festeggia l'artista colombiano

Per festeggiare l’85esimo compleanno di Fernando Botero il Vittoriano dedica una personale all’artista colombiano.
Visitando le sale dell’esposizione saremo accolti da sculture e  tele grandi, immense, in cui tutti i personaggi ritratti diventano imponenti, abbondanti, voluminosi.

                                    


Amante dell’arte del passato Botero ne riprende i soggetti e li reinterpreta a modo suo, così, i Duchi di Urbino di Piero della Francesca, la Fornarina raffaellesca e i reali spagnoli ritratti da Velasquez diventano tutti oversize; a questa deformazione corporea non sfuggono neanche i soggetti religiosi e politici perchè come afferma l'artista

"Per me il piacere viene dall’esaltazione della vita
che esprime la sensualità delle forme. Per questa ragione, il mio problema formale è creare sensualità attraverso le forme. Il piacere di dipingere sta anche nel dare il colore e le dimensioni voluminose dei miei soggetti mi permettono di abbondare con il colore."



A conquistare l’attenzione e lo sguardo dello spettatore, oltre all’imponenza dei corpi, è quindi anche l’uso di colori vivaci e squillanti che ci porta direttamente alla memoria l’America Latina “dove tutto è più vero del vero e non c’è posto per le sfumature”.







Una sezione della mostra è proprio dedicata alla vita nella sua terra; i personaggi intenti a svolgere azioni di vita quotidiana appaiono tuttavia fermi, immobili, assenti.

             

Ed ecco che quando Botero ritrae i personaggi circensi  l'allegria trasmessa da quei corpi abbondanti e da quei colori sgargianti entra maggiormente in contrasto con l’impassibilità dei volti e degli sguardi che non incontrano mai quello dello spettatore; l'effetto è spiazzante.

La mostra resterà aperta fino al 27 agosto.

                                                                            Anna Carla Angileri

giovedì 11 maggio 2017

A Roma si celebra la Venezia Scarlatta




Lotto, Savoldo e Cariani, tre artisti del ‘500, veneziani di nascita o d’adozione, si danno appuntamento a Roma per celebrare il Rosso Scarlatto.


Lotto: Coniugi Cassotti

Savoldo: San Matteo e l'angelo

Nella Venezia del XVI secolo, infatti, il colore rosso era addirittura moderato da una magistratura che ne regolava l’utilizzo.

Ad infiammare una sala di Palazzo Barberini con tonalità di rosso diverse ma ugualmente squillanti sono cinque capolavori, provenienti da alcuni tra i più importanti musei nazionali ed internazionali quali l’Accademia Carrara di Bergamo, il Metropolitan Museum di New York, il Musée du Louvre di Parigi e il Prado di Madrid, che circondano Il Matrimonio mistico di Santa Caterina di Lotto già esposto nel museo romano.

La veste di Giovanni Caravaggi ritratto da Cariani, la tunica di San Matteo dipinta da Savoldo, le Madonne, le sante e le nobildonne di Lotto, tra cui spicca Faustina Cassotti effigiata nel momento dell’infelice unione matrimoniale, elegantemente abbigliate con manti e vesti scarlatte di cui l'artista riesce  magistralmente a riprodurre l'effetto tattile, rivelano come il rosso fosse il colore favorito dai pittori lagunari per rappresentare valori civici, passioni religiose, devozioni private e affetti mondani.


Lotto: Nozze mistiche di Santa Caterina


C’è tempo fino all’11 giugno per lasciarsi sedurre dai sei splendidi “studi di rosso” veneti.

                                                                                            Anna Carla Angileri

sabato 6 maggio 2017

Frida Kahlo nelle immagini di Lucienne Bloch alla Thesign Gallery

©Lucienne Bloch


“Io ti odio!"

Sono queste le prime parole che Frida Kahlo disse alla fotografa Lucienne Bloch quando, durante un party al Moma di New York in onore del marito Diego Rivera, la Bloch si intrattenne tutta la sera con il muralista messicano.

Diversamente da tutte le altre donne che circondavano Rivera però, Lucienne diventò grande amica nonché confidente di Frida.
 La Bloch infatti fu accanto alla Kahlo nei momenti più difficili; durante l'aborto, la morte della madre e quando Diego la tradì con la sorella Cristina.

La mostra “Lucienne Bloch: dentro la vita di Frida Kahlo” organizzata alla Thesign Gallery di Roma racconta l'amicizia che legò le due donne unite da ideali politici e dall'amore per l'arte, e ci permette di cogliere gli aspetti più intimi e privati della vita di Frida.


                             
©Lucienne Bloch



Il punto di vista privilegiato di Lucienne ci offre la possibilità di scoprire una Frida inedita, ritratta non solo nelle vesti di pittrice, ma sopratutto di donna e di amante.

   
                               
©Lucienne Bloch


Nelle 76 immagini esposte in mostra Frida è ritratta accanto agli amici o mentre bacia appassionatamente Diego, ma le foto in cui si coglie maggiormente la sua essenza sono i primi piani in cui appare talvolta pensierosa e malinconica, talvolta sorridente e spensierata; sono immagini che parlano di una donna in grado di superare con forza il dolore e le difficoltà della sua vita. 

       
                    
©Lucienne Bloch

La mostra che apre oggi sabato 6 maggio si potrà ammirare fino al 1 luglio.


                                                                        

                                                                  Anna Carla Angileri

lunedì 20 marzo 2017

Vivian Maier, a Roma in mostra la nanny fotografa



Il Museo di Roma in Trastevere dedica una mostra a Vivian Maier; tata di professione e fotografa per vocazione.

Gli straordinari scatti della Maier vennero scoperti solo nel 2007 quando l’immobiliarista John Maloof acquista, durante un’asta, parte dell’archivio di Vivian confiscato per un mancato pagamento.
Da quel momento le foto della Maier fanno il giro del mondo incantando i visitatori delle esposizioni che le sono dedicate.

A Roma, 120 fotografie in bianco e nero scattate tra gli anni ’50 e ’60,
una selezione a colori realizzata nel decennio successivo ed un filmato in super8, ci mostrano New York e Chicago, la gente sugli autobus, nei ristoranti , i saltimbanchi, i poveri nei vicoletti, i bambini che ridono, che piangono o che giocano per strada, e poi ancora i dettagli, quei particolari che solo i più curiosi possono notare, come due mani che si intrecciano; sono questi i soggetti che la fotografa ama ritrarre, le inquadrature poi sono talmente particolari da sembrare fotogrammi di film di cui non conosceremo mai il finale.





Oltre alle immagini che rappresentano la società americana negli anni di importanti cambiamenti sociali e culturali sono molti gli autoritratti della Maier presenti nel corpus della sua opera, questi  svelano il volto della grande artista che si celava dietro al sobrio aspetto di nanny.






La mostra sarà aperta fino al 18 giugno.

                                                                       Anna Carla Angileri 

domenica 12 marzo 2017

Colosseso, l'Anfiteatro Flavio racconta la sua storia



Nella mia errabonda giovinezza, rammento, in una notte come questa, sostai entro la cerchia del Colosseo, tra le altre reliquie di Roma onnipotente; nella mezzanotte azzurra gli alberi cupi ondeggiavano lungo gli archi frantumati e oltre gli squarci dei ruderi splendevano le stelle

                                                                                                                              
                                                                                                                          Byron

Dall'8 marzo il Colosseo ospita una mostra che racconta la sua storia.



                       
                      



Dopo aver goduto della bellezza e della maestosità dell'Anfiteatro Flavio, nell'ambulacro del secondo ordine l'esposizione ci permetterà di conoscere la vita millenaria del monumento più visitato al mondo.

Scopriremo come da edificio di spettacolo, nel corso dei secoli, vivrà nuove fasi di vita, con funzioni completamente diverse.

In esposizione troveremo modellini che ci mostrano il mutamento degli ambienti sottostanti la cavea in stalle e magazzini, poi ancora sculture e fregi o addirittura gioielli ed ornamenti persi da distratti visitatori di epoche passate e ritrovati dai più attenti archeologi durante svariate campagne di scavo.
                


                           



Già negli anni del Gran Tour il Colosseo suscitò il fascino e l'interesse di poeti, scrittori ed artisti che si recavano a Roma; Goethe nel suo Viaggio in Italia annota

Quando si è visto questo monumento tutto il resto sembra meschino; è così grande che la sua immagine non si può contenere tutta nello spirito; ce lo ricordiamo più piccolo, e se vi ritorniamo ci sembra più grande

Tra le opere più interessanti  del '700 esposte in mostra troveremo poi due splendide acqueforti di Piranesi.
Il fascino e l'interesse per l'Anfiteatro Flavio non si arresta nel '900 ma anzi giunge fino ai nostri giorni

Bisognerebbe abbattere il Colosseo e rifarlo uguale ma in plastica 

afferma Goffredo Parise negli anni '60, quando la Pop Art romana eleggeva il monumento a feticcio della cultura italiana così come le bottiglie di Coca Cola rappresentavano l'identità americana.



                 




A rappresentare il Colosseo sarà anche Guttuso di cui possiamo ammirare un dipinto in esposizione.
La mostra si chiude con l'interpretazione di Paolo Canevari che trasforma l'Anfiteatro Flavio in uno pneumatico che porta sulle spalle come a sostenere il “peso” della storia.







                                                                                                     Anna Carla Angileri

giovedì 9 marzo 2017

Boldini, al Vittoriano si celebra la Belle Epoque




E' un viaggio ai tempi incantati della Belle Epoque quello che potremmo intraprendere visitando la mostra che il Complesso del Vittoriano di Roma dedica a Giovanni Boldini, l'artista italiano che più di chiunque altro è riuscito a rappresentare l'eleganza di fine Ottocento tra l'Italia, l'Inghilterra e la Francia.
Protagoniste dei 150 dipinti esposti in mostra, provenienti dai più importanti musei nazionali ed internazionali, sono le donne.
Ritratte a teatro, nei caffè o in sontuosi salotti, intente a leggere o che volgono lo sguardo fiero e sensuale verso lo spettatore, le nobili dame ritratte, sfoggiano tutte abiti elegantissimi, cappellini alla moda, ombrellini, ventagli e preziosi gioielli; non passeranno inosservate Madame Remy Salvator o Anita De La Feria ma ospite d'eccellenza nelle sale del Vittoriano sarà la grande tela dedicata a Donna Franca Florio, capolavoro simbolo della Belle Epoque e della Palermo felicissima.


                             


Dama di singolare fascino e bellezza, Donna Franca, chiamata Regina di Sicilia e definita da D’Annunzio “L’unica. Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino” è ritratta con lo sguardo languido e pensieroso mentre sfoggia il suo abito sofisticato impreziosito dalla collana di perle.

Oggi l'opera è stata messa all’asta, se finisse in mani private la mostra romana potrebbe essere una delle ultime occasioni per ammirare il ritratto di Donna Franca.

Nelle sale del Vittoriano sono esposti anche 30 dipinti di artisti contemporanei a Boldini, tra cui Corcos e Tissot, che hanno immortalato il fascino di quegli anni.

La mostra sarà aperta fino al 16 luglio.

                                                                                                       Anna Carla Angileri

lunedì 13 febbraio 2017

Domus Aurea: una visita in cantiere per scoprire la residenza di Nerone



                                   “Finalmente posso vivere come un uomo!”











Queste le parole pronunciate da Nerone la prima volta che entrò nella Domus Aurea.

Dal 4 febbraio è possibile visitare il cantiere della casa dell’imperatore che sorgeva sul terreno devastato dal grande incendio che divampò a Roma nel 64 d.C.

Il visitatore avrà la possibilità di vedere ciò che resta della sontuosa casa del Princeps, fatta interrare da Vespasiano dopo la morte e la damnatio memoriae neroniana.
Dimenticata per secoli, la Domus che sorge sotto il colle Oppio,
venne riscoperta casualmente nel ‘400 e divenne fin da subito meta di pellegrinaggio di numerosi artisti i quali, lasciando traccia del loro passaggio incidendo i propri nomi sulle mura, già nel Rinascimento trassero ispirazione dagli splendidi dipinti che ornavano la villa.

Tracce di giallo, rosso pompeiano, figure geometriche e di personaggi mitologici dipinte dal celebre Fabullo e poi ancora la splendida Sala Ovale, ci danno già l’idea della maestosità della struttura ideata dagli architetti Severo e Celere che “ebbero l'ingegno e l'ardire di voler creare con l'arte, ciò che la natura aveva negato”; grazie ad uno straordinario filmato in 3D proiettato nella Sala della Volta Dorata saremo poi condotti nell’antica Roma e avremo la sensazione di entrare nella Domus Aurea così com’era ai tempi di Nerone.
Passeggeremo nel sontuoso giardino dominato da un lago artificiale che, pare, riproducesse l’effetto delle onde del mare, percorreremo il porticato e vedremo come la luce che invadeva le sale, oggi così tetre e buie, avesse un ruolo predominante per far risplendere quei colori vivaci delle pareti e dei soffitti.



                        



Finita la visita la Domus Aurea, in cui l’imperatore visse solo pochi anni prima della sua condanna a morte, scompare alle nostre spalle e ci ritroviamo davanti al Colosseo, l’anfiteatro che sommerse e prese il posto dei giardini neroniani e, cancellando le tracce dell’ultimo imperatore della gens Giulio Claudia, diventa il simbolo della seconda famiglia imperiale romana; la Gens Flavia.



                                                                                                       Anna Carla Angileri

martedì 3 gennaio 2017

"Il Museo Universale": alle Scuderie del Quirinale si ricorda il rientro delle opere trafugate da Napoleone

Lacoonte
Strage degli innocent
Per impreziosire il nascente Museo del Louvre e creare un vero e proprio “Museo Universale”, Napoleone, trafugò da musei, chiese, palazzi, collezioni pubbliche e private italiane, i più importanti capolavori dell’antichità e del Rinascimento che nel 1816 tornarono in patria grazie all’intervento dello scultore Antonio Canova che, conosciuto in tutte le corti europee, fu nominato commissario straordinario e messo a capo dell’operazione di recupero dallo stato Pontificio. 
Le opere, tornate in Italia, vennero esposte in nuove sedi museali a disposizione della collettività.
Alle Scuderie del Quirinale, per ricordare questo evento storico, è aperta dal 16 dicembre la mostra “Il Museo Universale dal sogno di Napoleone a Canova”.
Alle Scuderie potremmo quindi ammirare opere scultoree e pittoriche, provenienti dai più importanti musei italiani, che fanno grande il nostro paese.
Nella prima sala saremo accolti dal Lacoonte dei Musei Vaticani e dall'altretanto tragica Strage degli innocenti di Guido Reni conservata alla Pinacoteca di Bologna.

Compianto sul Cristo morto

Meditazione 
Proseguendo lungo il percorso potremo ammirare il Ritratto di papa Leone X di Raffaello, il Compianto sul Cristo morto del Veronese e immense pale d’altare tra cui l’Assunzione della Vergine di Tiziano.
Venere Italica
A chiudere la mostra, sono i busti degli artisti che hanno fatto grande l’Italia, questi sono vegliati dalla Venere Italica di Canova che onorava il genio del nostro paese; il suo sguardo è  però rivolto, come se volesse dialogare, alla Meditazione di Hayez dove l’Italia ha le sembianze sì di una fanciulla bellissima e con lo sguardo fiero ma oltraggiata.

La mostra sarà aperta fino al 12 marzo.







                                                                                                           Anna Carla Angileri

sabato 17 dicembre 2016

La più grande città al mondo costruita con i Lego è in mostra a Roma







I palazzi, i negozi, la stazione, il Luna Park e la gente che lavora o passeggia, e poi ancora la campagna con le villette e i giardini fioriti, il laghetto, e i contadini che lavorano nei campi dove svettano le pale eoliche; sembrerebbe una città come tante se non si trattasse della più grande città al mondo interamente costruita con i mattoncini Lego.







Nata da un’idea di Wilmer Archiutti, fondatore del laboratorio creativo in provincia di Treviso,
L.A.B. Literally Addicted to Bricks, la City Booming, lunga ben 15 metri per 5, è stata costruita in un solo anno con 7 milioni di mattoncini colorati provenienti proprio dalla collezione di Archiutti.

La City Lego non stupisce soltanto per l'attenzione al dettaglio e per la precisione con cui sono state assemblate le enormi costruzioni ma sopratutto per i sistemi di automazione e illuminazione; il treno infatti gira attorno alla città mentre le luci illuminano la giostrina e la grande ruota panoramica che sovrasta l'intera costruzione.











La City Lego è ospitata al Guido Reni District di Roma dove potrà essere ammirata da grandi e bambini fino al 29 gennaio 2017.

                                                                                                Anna Carla Angileri

 

venerdì 16 dicembre 2016

"The Adventures of Alice": il Paese delle Meraviglie è a Roma




Per festeggiare i 150 anni dalle pubblicazione di “Alice in Wonderland”, dato alle stampe il 26 novembre 1886, al Guido Reni District di Roma si avrà la possibilità di partecipare ad un’esperienza unica nel suo genere e vivere in prima persona le avventure raccontate nel celebre romanzo di Lewis Carroll.








I visitatori saranno condotti nella tana del Bianconiglio dove due foto rendono omaggio proprio a Lewis Carroll e ed Alice Liddle, la bambina che ispirò il racconto, per essere poi catapultati, come Alice, nel Paese delle Meraviglie.
Sui maxi schermi della sala, grandi e bambini, assisteranno ad una proiezione di 45 minuti in cui il racconto originale di Sir. John Gielgud, doppiato da Ennio Coltorti, ci farà rivivere la storia di Alice e dei suoi bizzarri compagni di avventura quali il Bianconiglio, il Brucaliffo, lo Stregatto e la Regina di cuori .














La favola sembra poi prender vita quando, passando dal misterioso buco della serratura , magari all’ora del tè, saremo proprio noi visitatori ad avere la possibilità di sederci al tavolo del Cappellaio Matto per festeggiare il Non Compleanno.








I bambini di ieri e di oggi avranno tempo fino al 19 marzo per immergersi nel meraviglioso mondo immaginato da Alice.















                                                                                                       Anna Carla Angileri