giovedì 27 aprile 2017

Dal Cavaliere errante all'astrattismo: il Mudec celebra Kandinsky



Per celebrare il centocinquantesimo anniversario delle nascita di Kandinsky, dal 15 marzo il Mudec (Museo delle culturer di Milano) dedica una grande mostra all’artista russo.

Ad essere esposte sono 49 opere e 85 tra lubki (stampe popolari), oggetti e coloratissimi manufatti provenienti dai più importanti musei internazionali, tra cui l’Ermitage di San Pietroburgo.



Le opere che ritraggono soggetti legati alle leggende e alla tradizione popolare quali il Cavaliere Errante e San Giorgio, patrono di Mosca, che sconfigge il Drago, testimoniano l’amore dell’artista per la sua Russia rappresentata in numerosi dipinti.

Non solo opere figurative, in mostra non possono mancare i dipinti che testimoniano la conversione dell'artista all'astrattismo di cui divenne il più importante degli esponenti







Una sezione dell’esposizione è dedicata poi al connubio tra musica e colore; Kandinsky, che suonava pianoforte e violino, affermava che “Da un punto di vista musicale l'azzurro assomiglia a un flauto, il blu a un violoncello, quando diventa molto scuro al suono meraviglioso del contrabbasso. Nella sua dimensione più scura e solenne al suono profondo di un organo”.

A coinvolgere grandi e bambini sarà però l’ultima sala della mostra, una stanza oscura in cui sono proiettati movimenti di luce; lo spettatore è qui invitato ad interagire con l’istallazione e diventare parte dell’opera stessa, ad ogni suo gesto corrisponderà infatti un movimento dell’immagine.

La mostra sarà aperta fino al 9 luglio.

                                                                                            Anna Carla Angileri

lunedì 20 marzo 2017

Vivian Maier, a Roma in mostra la nanny fotografa



Il Museo di Roma in Trastevere dedica una mostra a Vivian Maier; tata di professione e fotografa per vocazione.

Gli straordinari scatti della Maier vennero scoperti solo nel 2007 quando l’immobiliarista John Maloof acquista, durante un’asta, parte dell’archivio di Vivian confiscato per un mancato pagamento.
Da quel momento le foto della Maier fanno il giro del mondo incantando i visitatori delle esposizioni che le sono dedicate.

A Roma, 120 fotografie in bianco e nero scattate tra gli anni ’50 e ’60,
una selezione a colori realizzata nel decennio successivo ed un filmato in super8, ci mostrano New York e Chicago, la gente sugli autobus, nei ristoranti , i saltimbanchi, i poveri nei vicoletti, i bambini che ridono, che piangono o che giocano per strada, e poi ancora i dettagli, quei particolari che solo i più curiosi possono notare, come due mani che si intrecciano; sono questi i soggetti che la fotografa ama ritrarre, le inquadrature poi sono talmente particolari da sembrare fotogrammi di film di cui non conosceremo mai il finale.





Oltre alle immagini che rappresentano la società americana negli anni di importanti cambiamenti sociali e culturali sono molti gli autoritratti della Maier presenti nel corpus della sua opera, questi  svelano il volto della grande artista che si celava dietro al sobrio aspetto di nanny.






La mostra sarà aperta fino al 18 giugno.

                                                                       Anna Carla Angileri 

domenica 12 marzo 2017

Colosseso, l'Anfiteatro Flavio racconta la sua storia



Nella mia errabonda giovinezza, rammento, in una notte come questa, sostai entro la cerchia del Colosseo, tra le altre reliquie di Roma onnipotente; nella mezzanotte azzurra gli alberi cupi ondeggiavano lungo gli archi frantumati e oltre gli squarci dei ruderi splendevano le stelle

                                                                                                                              
                                                                                                                          Byron

Dall'8 marzo il Colosseo ospita una mostra che racconta la sua storia.



                       
                      



Dopo aver goduto della bellezza e della maestosità dell'Anfiteatro Flavio, nell'ambulacro del secondo ordine l'esposizione ci permetterà di conoscere la vita millenaria del monumento più visitato al mondo.

Scopriremo come da edificio di spettacolo, nel corso dei secoli, vivrà nuove fasi di vita, con funzioni completamente diverse.

In esposizione troveremo modellini che ci mostrano il mutamento degli ambienti sottostanti la cavea in stalle e magazzini, poi ancora sculture e fregi o addirittura gioielli ed ornamenti persi da distratti visitatori di epoche passate e ritrovati dai più attenti archeologi durante svariate campagne di scavo.
                


                           



Già negli anni del Gran Tour il Colosseo suscitò il fascino e l'interesse di poeti, scrittori ed artisti che si recavano a Roma; Goethe nel suo Viaggio in Italia annota

Quando si è visto questo monumento tutto il resto sembra meschino; è così grande che la sua immagine non si può contenere tutta nello spirito; ce lo ricordiamo più piccolo, e se vi ritorniamo ci sembra più grande

Tra le opere più interessanti  del '700 esposte in mostra troveremo poi due splendide acqueforti di Piranesi.
Il fascino e l'interesse per l'Anfiteatro Flavio non si arresta nel '900 ma anzi giunge fino ai nostri giorni

Bisognerebbe abbattere il Colosseo e rifarlo uguale ma in plastica 

afferma Goffredo Parise negli anni '60, quando la Pop Art romana eleggeva il monumento a feticcio della cultura italiana così come le bottiglie di Coca Cola rappresentavano l'identità americana.



                 




A rappresentare il Colosseo sarà anche Guttuso di cui possiamo ammirare un dipinto in esposizione.
La mostra si chiude con l'interpretazione di Paolo Canevari che trasforma l'Anfiteatro Flavio in uno pneumatico che porta sulle spalle come a sostenere il “peso” della storia.







                                                                                                     Anna Carla Angileri

giovedì 9 marzo 2017

Boldini, al Vittoriano si celebra la Belle Epoque




E' un viaggio ai tempi incantati della Belle Epoque quello che potremmo intraprendere visitando la mostra che il Complesso del Vittoriano di Roma dedica a Giovanni Boldini, l'artista italiano che più di chiunque altro è riuscito a rappresentare l'eleganza di fine Ottocento tra l'Italia, l'Inghilterra e la Francia.
Protagoniste dei 150 dipinti esposti in mostra, provenienti dai più importanti musei nazionali ed internazionali, sono le donne.
Ritratte a teatro, nei caffè o in sontuosi salotti, intente a leggere o che volgono lo sguardo fiero e sensuale verso lo spettatore, le nobili dame ritratte, sfoggiano tutte abiti elegantissimi, cappellini alla moda, ombrellini, ventagli e preziosi gioielli; non passeranno inosservate Madame Remy Salvator o Anita De La Feria ma ospite d'eccellenza nelle sale del Vittoriano sarà la grande tela dedicata a Donna Franca Florio, capolavoro simbolo della Belle Epoque e della Palermo felicissima.


                             


Dama di singolare fascino e bellezza, Donna Franca, chiamata Regina di Sicilia e definita da D’Annunzio “L’unica. Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino” è ritratta con lo sguardo languido e pensieroso mentre sfoggia il suo abito sofisticato impreziosito dalla collana di perle.

Oggi l'opera è stata messa all’asta, se finisse in mani private la mostra romana potrebbe essere una delle ultime occasioni per ammirare il ritratto di Donna Franca.

Nelle sale del Vittoriano sono esposti anche 30 dipinti di artisti contemporanei a Boldini, tra cui Corcos e Tissot, che hanno immortalato il fascino di quegli anni.

La mostra sarà aperta fino al 16 luglio.

                                                                                                       Anna Carla Angileri

lunedì 20 febbraio 2017

Penone in mostra da Fendi al "Colosseo quadrato"


Al piano terra del Palazzo della Civiltà Italiana, dal 27 gennaio al 16 luglio 2017, è in mostra Matrice, personale di Giuseppe Penone, che propone opere - principalmente sculture ed installazioni - dagli anni Settanta a oggi. 
Il monolitico e geometrico “Colosseo quadrato”, che si impone per la sua immutabilità nonostante il tempo, viene abitato da forme di “natura ricreata” che, come entità vive, al contrario, attraversano il tempo in una dialettica tra natura e cultura, tra divenire biologico e storia: «gli alberi ci appaiono solidi, ma se li osserviamo attraverso il tempo, nella loro crescita, diventano una materia fluida e plasmabile» (Giuseppe Penone).


Legato al movimento d’avanguardia dell'Arte Povera, Penone (classe 1947) si è sempre contraddistinto per l'attenzione rivolta alla natura, alla comunione/scontro con la presenza umana, dando vita a progetti di ricerca sull'essenza della materia, delle forme e delle strutture organiche.

Tra le opere in mostra la serie Foglie di Pietra (2013) ˗ presentata per la prima volta in Italia ˗ consiste in diverse sculture che combinano elementi naturali (ricreati in bronzo) e blocchi di marmo scolpiti come capitelli antichi; esili spirali di rami che s'innalzano come colonne, frammenti di rovine riconquistate dalla natura, che, con un inaspettato e meraviglioso equilibrio, sono congelate nell'unione che il tempo sembra aver “accomodato”.
Questa sintesi tra lo scorrere del tempo naturale e umano torna in Indistinti confini – Anio (2012), dove bronzo e marmo si fondono in un albero, si plasmano in forme biologiche: un incontro possibile solo nelle strutture e negli equilibri della natura perché «un albero è un essere che memorizza la sua forma e la sua forma è necessaria alla sua vita, quindi è una struttura scultorea perfetta, perché ha la necessità dell’esistenza» (Giuseppe Penone).





















Essendo quindi l’armonia naturale l'aspetto finale a cui l’artista deve tendere, in Essere fiume (2010) Penone scolpisce un blocco di marmo per riprodurre la forma della pietra levigata dallo scorrere dell'acqua; l’uomo si fa natura e simula non solo i materiali e la forma, ma anche la sua forza nel tempo. L'artista compie quindi un continuo gioco di citazioni grazie al virtuosismo nell'utilizzo dei materiali e in Ripetere il bosco (1969-2016) da blocchi di legno cerca, scava e trova - in un'arte del levare - alberi di un paesaggio, di un "bosco sacro".

In mostra sono esposte opere evocative, che alludono al senso di stupore nei confronti della natura, come Soffio di Foglie (1979), ed opere epidermiche, quasi grafiche come Spine d’acacia- Contatto (2006).
Al termine del percorso troviamo Matrice (2015), l'opera che dà il nome alla mostra e che consiste in un tronco spoglio di abete sezionato per lungo: le due metà dell’albero scavate, svuotate, sono disposte su tutta la lunghezza della sala e guidano l'occhio dalla base alla cima e ritorno, attraverso la sua storia, attraverso i segni della sua crescita. All'interno una forma di bronzo ci rammenta la linfa dell’albero, ne fotografa l'anima e quindi ne congela in modo permanente la vita.


Fuori davanti l’ingresso del palazzo svetta Abete (2013), scultura inedita, alta più di 20 metri, che con il suo profilo “spontaneo” rompe con le geometrie tipiche dell'EUR; questa imponente opera, la serie Foglie di pietra e alcuni disegni in mostra, ci anticipano il progetto commissionato da FENDI che prevede nella primavera del 2017 l'installazione di una scultura proprio di Giuseppe Penone in maniera permanente a Largo Goldoni al centro di Roma.

Matrice, ad ingresso gratuito, è non solo la prima mostra di arte contemporanea realizzata negli spazi di Palazzo della Civiltà Italiana ma è anche un progetto con cui la maison Fendi rinnova il suo impegno a sostegno dell'eccellenza del Made in Italy.




Sabina Colantoni

domenica 19 febbraio 2017

Un nostalgico viaggio a Bologna per ritrovare Frida



 Frida e Bologna; un connubio perfetto per me che venero Frida Kahlo come una santa e che ho scelto Bologna come città in cui vivere e studiare e che poi ho dovuto lasciare a malincuore.
Per questo appena saputo di una mostra dedicata all'artista messicana nel capoluogo emiliano mi sono immediatamente fiondata nella mia Bologna.


Attraverso malinconica strade, stradine e vicoletti di cui conservo i ricordi più belli degli anni più spensierati della mia esistenza finchè, arrivata davanti a Palazzo Albergati, sono accolta da una fila chilometrica che, come me, attende ore al freddo pur di rendere omaggio a Frida Kahlo.
Una pittrice, una donna fragile e combattiva allo stesso tempo, accattivante e affascinante, che visse di dolore e e di grandi amori, e che, nonostante le grandi sopracciglia, fu in grado di diventare un' icona di stile; ecco perchè ancora oggi in tutto il mondo Frida Kahlo suscita interesse e fa parlare di sé.
I dipinti e le fotografie esposti in mostra ci rendono partecipi dell'universo di Frida e ci raccontano dell'incidente e delle sue conseguenze, dell'impegno politico, della sua bellezza non convenzionale, e dei suoi amori, in particolare quello ossessivo ed indissolubile che la unì al marito Diego Rivera.

                       

Una sezione della mostra è poi dedicata allo stile di Frida; noteremo come i suoi abiti messicani floreali e coloratissimi dalle lunghe gonne (enagua), che usava per nascondere la disabilità, la fecero diventare musa ed ispiratrice dei più grandi stilisti fino ai giorni nostri.
                         


Sono esposte poi alcune delle più belle opere di Rivera e di altri artisti messicani che nonostante tutto sono oscurante dalla più profonda e ingombrante personalità della Kahlo.

La mostra sarà aperta fino al 26 marzo.

                                                                                                     Anna Carla Angileri

Dalì Experience: a Bologna scopriamo l'universo di Dalì




Dal 25 novembre Palazzo Belloni a Bologna ospita la mostra Dalì Experience.

Ad essere esposte sono 200 opere provenienti dalla Collezione “The Dalì Universe” di Beniamino Levi; 22 sculture museali, 10 opere in vetro realizzate alla fine degli anni ’60 in collaborazione con la famosa cristalleria Daum di Nancy, 12 Gold objects, 139 opere grafiche tratte da 11 libri illustrati e poi ancora animazioni 3d e istallazioni interattive, ci danno la possibilità di vivere un'esperienza coinvolgente che ci immergerà nell'universo di Dalì.

Realizzata dal gruppo creativo Loop, eccellenza italiana nella progettazione di tecnologie interattive applicate all’arte e al design, Dalì Experience intende quindi avvicinare il grande pubblico agli aspetti meno conosciuti del fantasmagorico artista catalano; la multimedialità e l'interazione non sono più elementi accessori o di contorno ma intendono diventare parte integrante della narrazione.


                                 


Non solo la sede museale ma l'intera città diventa partecipe e protagonista; 4 sculture monumentali sono infatti posizionate in punti strategici del centro storico, saranno programmati appuntamenti ed eventi “surreali” che si svolgeranno a sorpresa e in luoghi imprevedibili ed inoltre sarà a disposizione una App di Realtà Aumentata per osservare il paesaggio urbano con gli occhi di Dalí scoprendo gli strani oggetti del suo mondo distribuiti su tutto il territorio e fare foto da condividerle sui principali social network con l’hashtag #daliexperience
La mostra sarà aperta fino a maggio.


                                                                                                     Anna Carla Angileri