sabato 5 novembre 2016

La videoarte approda ai Musei Vaticani con Studio Azzurro


A fine settembre i Musei Vaticani hanno presentato la Sala Studio Azzurro, un nuovo allestimento, una videoinstallazione interattiva all'interno del Dipartimento di Arte Contemporanea (curato dal 2000 da Micol Forti), che vede protagonista lo storico gruppo nato a Milano nel 1982 dall'incontro di Fabio Cirifino, Paolo Rosa e Leonardo Sangiorgi.

Per la maggior parte dei visitatori i Musei Vaticani sono identificabili, a ragione, con la Cappella Sistina, le Stanze di Raffaello o il Laocoonte, tutte opere capitali che hanno fatto la storia dell'arte e che sono simbolo, nei secoli, del mecenatismo della Chiesa di Roma.

I Musei Vaticani, giustamente declinati al plurale, sono, nella loro eterogenea complessità, la dimostrazione dell’interesse costante che i Papi hanno avuto nei secoli per l'arte, un sodalizio che nell'epoca contemporanea sembrava essersi affievolito. Con queste premesse la collezione di Arte Contemporanea, dislocata in diversi ambienti come l’appartamento Borgia affrescato dal Pinturicchio, è sicuramente una straniante e piacevole sorpresa per il pubblico medio, spesso ignaro della sua esistenza.
Sala della Collezione d'Arte Contemporanea, Musei Vaticani

Fu Papa Paolo VI Montini, in linea con l’apertura al dialogo del mondo cattolico del Concilio Vaticano II, ad iniziare questa raccolta di arte contemporanea per ricucire una frattura che sembrava insanabile, per non separare la cultura del presente dalla Chiesa. Prendendo quindi atto di questo divorzio tra l’uomo moderno e la Chiesa, questo segmento del percorso museale che i Musei Vaticani propongono, acquista un valore ben più rilevante di quel che si può pensare ad un primo approccio: in che modo l’individuo contemporaneo, guidato dai dubbi, del relativismo, segnato dalla crisi della morale e della fede, può essere in linea o in contatto con la trascendente e immutabile visione cristiana?

Proprio questa è la coraggiosa sfida ha portato i Musei Vaticani ad acquisire opere di artisti di grande rilevanza e a presentare nel 2013 alla Biennale Internazionale d’arte di Venezia il suo primo padiglione dedicato ai primi 11 capitoli del Libro della Genesi, su indicazione del Cardinal Ravasi. Il progetto si sviluppava in tre grandi sezioni tematiche: La Creazione, la De-Creazione e la Ri-Creazione.
La prima, affidata proprio agli artisti di Studio Azzurro, è oggi parte dell’allestimento permanente, riadattato in collaborazione con l’architetto Roberto Pulitani, e mette in scena la ricerca portata avanti dallo Studio sulla percezione dello spazio museale come luogo di scambio e incontro attraverso un utilizzo originale delle nuove tecnologie.
Sala Sudio Azzurro, Collezione d'Arte Contemporanea, MuseiVaticani

L’ambiente è davvero unico e suggestivo, è un ambiente “sensibile” dove l’elemento costitutivo è l’immagine immateriale, la luce, lo stimolo sonoro e sensoriale: immerso nel buio lo spettatore sperimenta la dimensione percettiva dello spazio come luogo di interrelazione tra persone, oggetti e riflessioni emozionali. Il visitatore è chiamato a sovvertire la regola del “non toccare” perché è proprio il contatto con l’opera che innesca la reazione e quindi l’emozione: quella che potrebbe ricordare una sala cinematografica, dove l’oscurità è schiarita solo dal chiarore degli schermi, ribalta la condizione di voyeur del pubblico e lo trasla nella condizione di “attore” che agisce-interagisce con le proiezioni.


In principio (e poi) si articola in quattro pannelli: in quelli laterali una comunità di sordomuti ci parla del regno delle piante e degli animali e in quello frontale uomini e donne, reclusi del carcere di Bollate, si muovono su un diaframma esile come miraggi, affacciandosi in attesa che, con il palmo della mano, li interroghiamo e ascoltiamo le loro storie.

     


Nel pannello circolare a terra è sempre la mano del visitatore che genera lo spazio, che genera l’apparire di un magma di forme luminose; come Michelangelo sulla volta della Sistina raccoglie l’intera narrazione sull'intimo e celebre gesto tra il Creatore e Adamo, nell'opera di Studio Azzurro è lo stesso gesto ad essere centrale, ad essere “principio”, perché è la mano del pubblico che attiva l’opera e libera le memorie celate dietro le fragili ma reali figure fatte di luce.

L’inaugurazione e la presenza della Sala Studio Azzurro, nel cuore del percorso di visita dei Musei Vaticani, rappresenta un evento rilevante perché segna, nello specifico, l’ingresso della videoarte all'interno della secolare realtà museale ma anche perché, in senso generale, riporta l’attenzione alla partecipazione della Santa Sede alla Biennale e quindi riposiziona in modo attivo la Chiesa sul palcoscenico culturale contemporaneo.




Sabina Colantoni

venerdì 4 novembre 2016

Van Gogh Alive, un'esperienza multisensoriale al Palazzo degli Esami

Autoriratti
Autoritratti

Trovarsi dentro un dipinto di Vicent Van Gogh; è questa la sensazione che si prova visitando Van Gogh Alive, più che una mostra un'esperienza multisensoriale.
Oltre 3000 immagini raffiguranti le opere realizzate dall'artista olandese tra il 1880 e il 1890 saranno proiettate nei maxi schermi di cui sono rivestite le sale, dal pavimento alle pareti, del Palazzo degli Esami di Roma.
Avremo la possibilità di leggere le lettere più intime, di scrutare i particolari dei dipinti e di vedere da vicino le pennellate guizzanti e nervose; ci troveremo di fronte ai mille volti inquieti e agli occhi malinconici degli autoritratti del pittore.

Teschio con sigaretta


Ci immergeremo nei colori vivaci dei Girasoli e nell'atmosfera tetra del Teschio con sigaretta.


Terrazza del caffè la sera

Notte stellata
Proveremo l'emozione di essere i protagonisti di Terrazza del caffè la sera e della Notte Stellata e il brivido di trovarci in quel Campo di grano, l'ultimo dipinto realizzato da Van Gogh prima del suicidio, in cui i corvi prendono inaspettatamente vita e volano verso di noi. 


Le proiezioni saranno accompagnate ed impreziosite dalle musiche di Vivaldi, Schubert e Bach.
Campo di grano con corvi

La mostra sarà aperta fino al 26 marzo.


                                                                                  Anna Carla Angileri

La Quadriennale d'arte torna a Roma

Dopo un silenzio lungo otto anni torna a Roma la Quadriennale d'arte arrivata alla sua 16ª edizione; la mostra è stata inaugurata il 12 ottobre al Palazzo delle Esposizioni proprio dove, nel lontano 1931, si svolse la sua prima edizione.

Quest'anno l'esposizione, divisa in 10 sezioni, ciascuna delle quali affidata ad uno o a due curatori, è intitolata Altri tempi altri miti.

Attraverso l'uso di molteplici linguaggi, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video alla performance, i 99 artisti presenti in mostra, con 150 opere recenti o create per l'occasione, ci offrono la possibilità di scoprire le potenzialità dell'arte contemporanea italiana.

Ciascuna sezione approfondisce un tema:


in Periferiche si individua nel policentrismo un’originale condizione strutturale del nostro territorio che
permea anche la nostra cultura visiva.

Orestiade italiana volge lo sguardo al contesto del nostro Paese nei suoi versanti culturale, politico, economico, con una riscrittura analogica e corale di alcuni nuclei di un lavoro filmico di Pasolini.

A occhi chiusi, gli occhi sono straordinariamente aperti sonda i temi del tempo, dell’identità, della memoria, letti in continua metamorfosi all’interno della relazione tra il singolo e la collettività.

 in I would prefer not to/Preferirei di no è presentata una selezione di autori esemplificativi di un’attitudine diffusa del fare arte oggi, riconducibile a un sottrarsi, a un resistere a codificazioni identitarie.

 con Ehi, voi! si vuole proporre la ritrattistica come linguaggio tramite cui attraversare le vicende più recenti della nostra arte, per la sua capacità di esprimere una commistione tra sfera individuale e sfera sociale.

in De Rerum Rurale si pone al centro dell’attenzione la ruralità come spazio reale e speculativo nel quale descrivere e re-immaginare il sistema di relazioni tra ambiente naturale e antropizzato, anche nella sua profondità storica.

La democrazia in America invita ad approfondire alcuni aspetti della storia dell’Italia contemporanea attraverso una rilettura del pensiero di Tocqueville.

 Lo stato delle cose propone un impianto in progress nel quale la rotazione di artisti molto diversi instaura uno spazio dialettico tra le singole ricerche e tra queste e il pubblico.

in La seconda volta il nucleo di autori sono accomunati da un interesse per l’uso di materiali densi di storie
già vissute che reinterpretano in insospettabili combinazioni, secondo una poetica della trasformazione.

con Cyphoria si vuole analizzare l’impatto dei media digitali su vari aspetti della vita, dell’esperienza, dell’immaginazione e del racconto.

Entro metà novembre sarà proclamato l’artista vincitore assoluto della Quadriennale a cui andrà un premio da 20.000 Euro, e, grazie al contributo della famiglia Illy, verrà assegnato un premio di 15.000 Euro all’artista under 35 più talentuoso.

La mostra sarà aperta fino a gennaio.


Anna Carla Angileri

martedì 1 novembre 2016

Mudec: a Milano una grande mostra per conoscerre Basqiuat




Era il 1981 quando venne organizzata in Italia, e precisamente nella galleria modenese di Emilio Mazzoli, la prima personale di
Jean-Michel Basquiat; oggi, l'artista afroanmericano torna nel nostro paese con una grande mostra al Mudec di Milano.
Affascinato dai graffiti newyorkesi anche Basquiat, ancora giovanissimo, si dedica all'arte di strada, i muri della città, così come le finestre e le porte abbandonate divennero le tele su cui lasciare il suo segno; in quegli anni, insieme ad Al Diaz firmava i  graffiti con il nome di Samo – Same old shit (sempre la stessa merda).

Solo dopo l'incontro casuale con Andy Warhol   le sue opere dai muri di New York entrarono nelle più grandi gallerie internazionali.
Nelle immense tele esposte in mostra, con il suo stile primitivo, che rimanda all'Espressionismo e all'Art Brut, l'artista rappresenta le sue origini, la sua vita e il suo mondo.
Protagonisti delle opere sono quindi le sue radici afroamericane, l'energia della metropoli, così
come le sue grandi passioni quali la musica jazz, i fumetti e l'anatomia; a noi visitatori è data la possibilità di scoprire le gioie e le fragilità di questo artista morto troppo presto.


Caratteristica distintiva della sua arte è la presenza di parole e lettere che, a seconda delle esigenze, utilizza come segno grafico o come significante, talvolta le inserisce per cancellarle subito dopo; come disse Basquiat infatti “Cancello le parole in modo che le si possano notare. Il fatto che siano oscure spinge a volerle leggere ancora di più.”


Lungo il percorso della mostra a catturare l'attenzione del visitatore sarà sicuramente la serie di piatti in cui Basquiat ritrae con ironia i grandi artisti di tutte le epoche; da Cimabue a Michelangelo, da Picasso a Warhol a Dalì.
L'ultima sezione dell'esposizione, infine, non poteva che essere dedicata alle opere realizzate insieme al suo mentore Warhol.






La mostra sarà aperta fino a febbraio.

Anna Carla Angileri





lunedì 31 ottobre 2016

DAVID BOWIE IS.... I MILLE VOLTI DI UNO DEI GENI MUSICALI DEL '900 ANCORA IN MOSTRA AL MAMBO FINO AL 13 NOVEMBRE




Ci sono personaggi che più li guardi e più ti chiedi come sia possibile che siano così stupefacenti, 
cosi ….diciamolo pure…fottutamente geniali, quei personaggi che scrivono la storia, a cui vorresti assomigliare un pochino, o almeno vorresti trovarti nei loro panni anche solo per un giorno della tua banalissima e scontatissima vita. Sono i numeri uno, le “star” per eccellenza, possono piacere o non piacere, o li ami o li odi, ma che tutti, tutti indistintamente sulla faccia di questa terra, conoscono. David Bowie è uno di questi.


Io non ho mai visto un suo concerto, non ho vissuto gli anni delle sue performance e delle sue trasformazioni migliori. L’ho conosciuto perché una mia compagna del liceo mi parlava di questo fantomatico Duca Bianco dai costumi stravaganti e dalla personalità eccentrica. L’ho ritrovato come colonna sonora del libro che una volta, se avevi 16 anni, dovevi leggere assolutamente “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”. E rimasi incuriosita, più che dalla sua musica, che iniziai ad apprezzare qualche anno dopo, dal suo personaggio, anzi, dai suoi personaggi. Nella sua carriera era passato dall’ambiguo rockettaro col rossetto del suo primo capolavoro Hunky Dori del 1971, all’indimenticabile alieno in calzamaglia dannatamente kitsch di Ziggy Stardust, l’uomo delle stelle, dal dandy che lasciava per strada paillettes, trucchi e stravaganze, ma che non rinunciava al suo look sconcertante ed equivoco, al Duca Bianco, l’aristocratico cantante “alla Sinatra”, dal pierrot di “Scary Monster”, al raffinato soulman biondo, giusto per citarne qualcuno.


Insomma, mi ha sempre affascinato il fatto che l’opera d’arte fosse proprio lui. Un’opera d’arte che non doveva essere mai la stessa, sempre diversa, sempre eccentrica, sempre dannatamente geniale. Un’artista che ha fatto della sua immagine un capolavoro.


La mostra esposta al Mambo di Bologna è un omaggio proprio alla sua arte, in tutta la sua totalità: dai testi delle sue canzoni, alla sua musica, dai suoi costumi alle sue performance, fino ai suoi indimenticabili concerti (l’ultima sala varrebbe solo il prezzo del biglietto…ma non voglio svelare nulla di più…).


In possesso di auricolari alla mano, ci si intrufola all’interno di un labirinto fatto di contenuti multimediali e fin da subito si viene catapultati direttamente nel suo mondo, partendo dai primissimi anni della sua carriera, quelli della Londra degli anni 60, fino ad arrivare al suo primo grande successo, quello che ha segnato la svolta, Space Oddity. Non poteva certo mancare la sua indimenticabile performance di Starman a Top of the Pops del 1972 nelle sembianze del mitico alieno in calzamaglia…tuta tra l’altro esposta lì vicino, così nel caso ce ne fossimo dimenticati. Ogni sua epoca viene scandita da un abito specifico: c’è il costume di Pierrot di Natasha Korniloff per la copeertina Scary Monsters (and Super Creeps), il cappotto di Union Jack di Alexander Mc Queen, utilizzato per la copertina del disco Earthling, e l’indimenticabile tuta a righe di Kansai Yamamoto. E poi ancora testi originali delle sue canzoni scritti a mani, estratti di video e performance live come The Man Who Fell to Earth e Boys Keep Swinging, arredi creati per il Diamong Dogs Tour del 1974.




La mostra realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londa, partita nel 2013 e approdata a Chicago, San Paolo, Toronto, Parigi, Berlino, Melbourne e Groningen, è stata curata da Victoria Broackes e Geoffrey Marsh che hanno selezionato più di 300 oggetti dall’archivio personale dell’artista creando un viaggio nel tempo alla scoperta della sua indimenticabile carriera. Come dicono i due curatori “Questo è l’allestimento  più bello di tutte le tappe, anche grazie all’architettura delle sale”.



Una grande autobiografia,, la prima vera autobiografia autorizzata da uno dei più grandi geni musicali del ‘900. Sarà visibile ancora fino al 13 Novembre nelle sale del Mambo a Bologna.

Filomena Fortunato

venerdì 28 ottobre 2016

Hopper, al Vittoriano si celebra il pittore della solitudine

Le Quai des Grands Augustins
Il Vittoriano di Roma dedica una mostra all’artista statunitense Edward Hopper.
L’esposizione si apre con un intenso autoritratto del pittore che, voltandosi verso l’osservatore, sembra darci il benvenuto e condurci alla scoperta delle sue opere.
Light at Two Lights
Nei dipinti del periodo francese raffiguranti le vie parigine lungo la Senna, i bistrot e i teatri, così come nelle opere in cui rappresenta i ponti newyorkesi e le campagne americane con i fari e le case isolate in mezzo al nulla, si scorge sempre un senso di silenzio e solitudine.


Anche quando il pittore ritrae figure umane come in Soir blue o Second Story Sunlight il silenzio e l’incomunicabilità sono i veri protagonisti della scena; i personaggi non si guardano, si ignorano, sono vicini fisicamente ma ognuno appare silenziosamente chiuso nel proprio microcosmo.
Soir Blue

Summer Interior
Hopper sembra rappresentare attimi di storie di cui lo spettatore/voyeur può solo immaginare il finale, ciò si può notare in New York Interior e Summer Interior, le opere più degassiane dell’artista americano,
 South Carolina Morning
 e in South Carolina Morning.






Una sezione della mostra è poi dedicata al cinema; Hitchcock  con il voyerismo di Finestra sul cortile, Antonioni con le atmosfere rarefatte dei suoi film e Dario Argento che in Profondo rosso ricostruisce il bar di Nighthawks sono solo i registi più famosi che si ispirano all’arte hopperiana.


Profondo Rosso e  Nighthawks 

Anche noi spettatori possiamo provare l'emozione di essere i protagonisti di un dipinto di Hopper, la mostra infatti si chiude con una riproduzione di Second Story Sunlight in cui possiamo “entrare” e prendere il posto di una delle protagoniste.
L'esposizione chiuderà il 12 febbraio.
Riproduzione di Second Story Sunlight

Anna Carla Angileri

domenica 23 ottobre 2016

Frida Kahlo night: alla Acid Drop una serata dedicata all'artista messicana



“Ho avuto due grandi incidenti nella mia vita il primo, quando un tram mi travolse, l’altro fu Diego!”



“ La mia notte mi soffoca per la tua mancanza. La mia notte palpita d'amore, quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra. La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce. Eppure vorrebbe chiamarti e trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo che massacra.”





“Niente è paragonabile alle tue mani né niente è uguale all'oro-verde dei tuoi occhi. Il mio corpo si riempie di te per giorni e giorni. Sei lo specchio della notte. La luce violetta del lampo. L'umidità della terra. L’incavo delle tue ascelle è il mio rifugio.”




“Ti meriti un amore che ti faccia sentire sicura, in grado di mangiarsi il mondo
quando cammina accanto a te,che senta che i tuoi abbracci sono perfetti per la sua pelle.”


“Spero che l'uscita sia gloriosa e spero di non tornare mai più.”

A far rivivere Frida Kahlo attraverso le appassionate parole del suo diario e delle sue più intime lettere intrise di dolore e di solitudine, ma anche di coraggio, di voglia di vivere e d'amore è l'attrice Alessandra Mosca Amapola.
L'idea dell'Amapola di creare un evento completamente dedicato all'artista messicana ha trovato il consenso di Ileana Ottini, Eleonora Zaccagnino e Damiano De Andrè, proprietari della Galleria Acid Drop a Trastevere; da questa collaborazione è nata la Frida Kahlo night.
Arrivando in galleria la musica di sottofondo ci conduce già verso il Messico la terra in cui Frida è nata e in cui ha vissuto gran parte della sua vita; ad essere esposte in mostra sono opere d'arte, oggetti di design, gioielli e indumenti realizzati da artisti romani e ispirati alla pittrice. L'evento è poi proseguito con la commovente lettura dei passi più significativi del diario di Frida da parte di Alessandra Mosca Amapola accompagnata dalla cantante Agnese Urbani e dal chitarrista Daniele Vilella.


A rendere la serata ancora più interessante è stato il pubblico che, invitato a dare una propria personale interpretazione della Kahlo, si è divertito a realizzare i più originali, colorati e floreali travestimenti.

La Frida Kahlo night sarà replicata alla Acid Drop lunedì 24 ottobre alle 19:30, la mostra invece sarà visibile per un mese.

Anna Carla Angileri